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Estate Chigiana: le note travolgenti di Pappano e Gringolts accendono Piazza del Campo

di Mauro Mariani

Anche Giove Pluvio, che aveva imperversato a Siena durante tutta la giornata, ha avuto rispetto del concerto di maggior richiamo del festival 2021 della Chigiana, ovvero quello dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano, con un solista del calibro di Ilya Gringolts, prestigiosa new entry nel corpo docente dell’Accademia senese. La cornice di questo concerto era Piazza del Campo: che fosse una meraviglia lo sapevamo tutti, ma l’altra sera ci si è resi conto anche della sua vastità. Di conseguenza l’amplificazione era assolutamente necessaria per far giungere ogni nota alla platea di un migliaio di ascoltatori (che sono molti in questi tempi di distanziamento) e anche ai tanti che sedevano ai tavoli dei locali che cingono la piazza e alla piccola folla che si assembrava oltre le transenne e seguiva il concerto con partecipazione ancor più entusiastica del pubblico fornito di biglietto, come ha dimostrato il fragoroso applauso in cui è esplosa alla fine del primo movimento della Settima di Beethoven, uno strappo alla regola più che giustificato dall’esecuzione travolgente che ne ha dato Pappano.

Ma tutto il concerto era travolgente, per merito sia degli interpreti che del programma popolare, popolarissimo. Si è cominciato con la Sinfonia del Nabucco, uno di quei casi in cui l’accusa a Verdi di essere bandistico può sembrare giustificata (c’è chi è andato a contare i colpi di piatti e ne ha contati a centinaia) ma in realtà è priva di senso, perché questa musica va valutata non per il suo rispetto delle buone maniere ma per la sua capacità di accendere le polveri e far esplodere l’irruente drammaticità di quest’Opera. Pappano sa che per ottenere questo risultato è inutile, anzi controproducente alzare al massimo il volume e premere sull’acceleratore e che invece si deve costruire la tensione con un sapiente crescendo drammatico, senza mai sbandare in intemperanze non solo superflue ma anche nocive.

In questo brano di Verdi l’amplificazione non disturbava troppo, ma il Concerto op.35 di Čajkovskij è un caso diverso: il violino tollera l’amplificazione meno bene dei piatti… Ilya Gringolts ha una grande tecnica ma non è un virtuoso paganiniano (nonostante nel 1998 sia stato il più giovane vincitore di sempre del Concorso Paganini di Genova) in quanto non esibisce il suo virtuosismo ma se ne serve per eseguire con totale sicurezza e chiaro risalto ogni singola nota, anche nei passaggi più ardui, e per ottenere un suono robusto e ricco di armonici, con un’ampia gamma dinamica sempre attentamente dosata. Sono le qualità della scuola russa, che ancora si riconoscono, sebbene l’internazionalizzazione (Gringolts stesso si è perfezionato in America con Perlman) renda le differenze tra le varie scuole sempre meno avvertibili. Ma la voce del suo violino questa volta doveva passare attraverso l’amplificazione e in certi momenti il suono era un po’ meno ricco d’armonici e si avvertiva qualche rara asprezza. Certamente l’amplificazione aveva la sua parte di responsabilità, ma sorgeva un dubbio e così siamo andati a chiedere a Gringolts quale violino avesse suonato: non era il suo Guarneri del Gesù ma un violino moderno del 2011, sicuramente di buona qualità, ma un Guarneri è inimitabile. La sua è stata una prudenza assolutamente comprensibile, data la forte umidità della serata e il rischio incombente di nuovi acquazzoni.

Si proseguiva con la Sinfonia n.7 di Beethoven. Pappano ne ha fatto un trionfo del ritmo (“l’apoteosi della danza”, come disse Wagner), scegliendo metronomi molto veloci, che però non appiattivano tutto il resto, come spesso capita, ma erano leggeri e volanti e non impedivano affatto all’orchestra di cantare le melodie (non solo quella del divino Andantino) e di cesellare i tanti splendidi dettagli. In alcuni di questi dettagli emergeva il flauto di Patrick Gallois, altro prestigioso docente dei corsi della Chigiana, che ha sostituito all’impronta Andrea Oliva, il primo flauto di Santa Cecilia, purtroppo infortunatosi poche ore prima del concerto.

Come bis Pappano ha scelto l’Ouverture delle Nozze di Figaro. Una scelta interessantissima, illuminante, perfino geniale. Suonata con un’orchestra di ottanta elementi, l’Ouverture mozartiana sembrava quasi il quinto movimento della Settima, perché in entrambe la musica sgorga dall’esaltazione di un ritmo velocissimo, che non lascia un attimo di respiro, tanto che l’accostamento faceva pensare che l’Ouverture di Mozart possa essere stata una fonte d’ispirazione di Beethoven per la sua Sinfonia. Grande il successo, è perfino superfluo dirlo.

L’International Festival & Summer Academy della Chigiana proseguirà fino all’1 settembre, proponendo quasi ogni giorno un concerto e talvolta anche due, tutti interessanti e spesso imperdibili… è un peccato non potersi fermare a Siena per un mese e mezzo. L’interesse dei concerti deriva da diversi motivi, perché la ricchezza e la varietà delle proposte - si spazia da Josquin Desprez a Frank Zappa e a Franco Battiato - è il marchio di fabbrica impresso dal direttore artistico Nicola Sani fin dal suo arrivo a Siena nel 2015. Tuttavia si possono individuare due principali leitmotiv del festival. Uno è l’attenzione alla musica contemporanea, con un focus su Steve Reich, varie prime assolute (Sciarrino, Gregoretti, Kuwabara, Macklay, Letort, Wérye) e italiane, una sezione dedicata alle “Compositrici del nostro tempo” e un’altra ai “Mondi sonori differenti", ovvero a compositori non europei. L’altro leitmotiv è l’interazione tra docenti (eccellenze quali Accardo, Fisk, Gallois, Geringas, Giuranna, Gringolts, Meneses e Zilberstein) e allievi dei corsi, che tra l’altro permette di formare complessi cameristici sempre diversi, in grado di eseguire musiche che si ascoltano raramente proprio per i loro organici stravaganti. Gran finale l’1 settembre con un concerto di musica barocca, tra i cui protagonisti figurano il celebre controtenore Andreas Scholl e il gambista Vittorio Ghielmi.

Fotografie: Roberto Testi

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