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Energia ed eleganza del duo Kobekina-Abdelmoula per Unione Musicale di Torino

di Lucia Molinari

Nel pomeriggio di domenica 27 febbraio la sala del Teatro Vittoria di Torino era piena di tanti volti giovani, come me in fremente attesa della violoncellista russa Anastasia Kobekina e del pianista svizzero Jean-Sélim Abdelmoula, ospiti della Stagione dell'Unione Musicale.

La violoncellista ventisettenne, distintasi nell’edizione 2019 del Concorso Tchaikovsky di San Pietroburgo, è infatti diventata una figura amata e di riferimento per tanti giovani musicisti. Lui, pupillo di Sir Andás Schiff, è un musicista versatile, attivo non solo come pianista ma anche come compositore.

La prima immagine che riceviamo è questa: su un palco scuro, la Kobekina appare con un vestito bianco e si staglia luminosa sul nero del fondale e del pianoforte. Luce, energia e sicurezza la guidano fin dal suo ingresso in sala. A fianco a lei il collega e amico Abdelmoula, con il quale trapela da subito una grande intesa.

Il concerto si apre con i tre Phantasiestücke op.73 di Robert Schumann, brevi pagine di preziosa poesia. Un rubato attento e duttile, sfumature timbriche, colori di suono e varietà di vibrato caratterizzano l’opera dalla prima all'ultima nota. Il pianoforte dialoga fluido, tessendo una trama continua; emerge dove necessario e crea un magico colore perfettamente fuso con il suono vellutato ed espressivo del violoncello. I tre brani fluiscono l'uno nell'altro senza soluzione di continuità e ciò contribuisce ad una lettura unitaria dell’opera, che si fruisce con grandissima semplicità. I musicisti sono riusciti ad evocare grande malinconia nei momenti più nostalgici e al tempo stesso a dare vita a slanci entusiasti ed aperture espansive nei frangenti più positivi. Fin dalle prime note si è assestato quindi un altissimo livello tanto cameristico quanto individuale.

Segue poi la Sonata op.99 di Johannes Brahms, la seconda che il compositore dedicò al violoncello e pianoforte, una vera pietra miliare del repertorio. La Kobekina ha affrontato con sicurezza tutte le insidie tecniche che questo brano nasconde, sempre solidamente sostenuta e guidata dal collega. Vengono fatte delle scelte interpretative piuttosto moderne ed orientate ad una lettura chiara e fluida di un’opera che, data la sua densità, spesso rischia di risuonare appesantita. Vera nota di pregio dell’esecuzione va all’Adagio Affettuoso, suonato in modo intenso, poetico e intimamente appassionato. Grandemente caratterizzato in ogni suo aspetto, dai cantabili ai pizzicati, è in grado di creare un’atmosfera magica che ha tenuto col fiato sospeso l’intera sala. Anastasia Kobekina utilizza, qui come in tutto il concerto, i suoi solidi mezzi tecnici per evocare una ricca ed intensa espressività, specialmente nelle sue sfumature in pianissimo e soffuse. Anche il terzo movimento, Allegro appassionato resta impresso per la sua agitazione interna e le sue incessanti e tormentate onde di suono. Emerge un’energia incanalata senza sosta, che non demorde mai.

Il tempo di un applauso e da un monumento si passa subito all’altro, anch’esso del 1886. Il vero fulcro musicale che ha reso memorabile il recital è stata la Sonata di César Franck, nella trascrizione dall’originale per violino al violoncello a cura di Jules Delsart. Un vero momento chiave del concerto in cui il duo, in perfetta intesa, si è espresso nel modo più diretto e sincero, sentendosi pienamente a proprio agio tra le note del compositore francese.

Tutta l’intensità passionale e l’intelligenza dell’interpretazione si sono manifestate in modo completo. Sapiente è infatti stata la gestione degli apici e degli archi tensivi, della dinamica e del fraseggio, così come le proporzioni e l’architettura dei movimenti interi sono state trattate con lungimiranza andando a valorizzare la ciclicità della Sonata.
In un attento equilibrio cameristico, le voci e i ruoli sono stati sempre ben definiti e, ad eccezione di pochi rari momenti, il pianoforte non ha mai coperto la voce del violoncello. Anche nei frangenti di dinamica più estrema e massima intensità il duo non ha mai sacrificato la bellezza del suono, favorendo l’ampiezza e la risonanza.
Il primo Allegretto ben moderato dà alla Kobekina l’opportunità di mettere in luce una vasta gamma di colori delicati e una grande eleganza di fraseggio. Il suono scuro e vellutato dello Stradivari 1698 che la musicista ha la fortuna di poter suonare, viene ampiamente valorizzato, distinguendosi particolarmente nei colori tenui. Nota di merito va certamente ad Abdelmoula, che dimostra padronanza assoluta degli ostici passaggi tecnici di tutta la Sonata, ritenuta un vero banco di prova per i pianisti. In particolare, nel secondo movimento, Allegro, è incredibile l’agilità, la solidità, la chiarezza e l’incisività lungo tutta la pagina.
La prima esposizione del Tema dolcissimo ed espressivo nella seconda parte del Recitativo. Fantasia è di una bellezza sconvolgente. La sua drammaticità viene gradualmente costruita a partire da un’intima espressività, andandosi a tendere ed intensificare fino ad un apice drammatico, doloroso e sofferto.
La semplicità e la gioia con cui il duo ha aperto l’Allegretto poco mosso hanno riempito di vivo e sincero entusiasmo l’ultima pagina del concerto. Con appassionato slancio e grande energia, l’intensità ora tragica ora positiva è rimasta sempre viva fino alla stretta finale più animata, che ha concluso in modo grandioso l’esecuzione.
L’applauso è sentito ed energico, non si può che essere grati a questi due giovani professionisti di grandissimo talento che hanno dato tutta la loro energia ed intensità al pubblico in ascolto. Quando si ha di fronte a sé musicisti così coinvolti e così a servizio della musica, si resta contagiati dal loro entusiasmo.

Al termine di un programma così denso e ambizioso, eseguito in un unico respiro e vissuto dagli ascoltatori con grande coinvolgimento, il duo ci ha regalato un momento musicale di pace e serenità. In una trascrizione per violoncello e pianoforte viene eseguito il lied Beau soir di Claude Debussy, che esalta ancora una volta il talento dei due nell’evocazione delle sfumature più dolci e soffuse. Con grande gusto ed eleganza, i musicisti sono stati in grado di sospendere il tempo e tenerci in ascolto fino all’ultimo armonico di risonanza.