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Un violoncello tra i suoni del Parco del Gran Paradiso: l’Eco-Concerto di Silvia Chiesa

di Luca Segalla

La musica ha spesso cercato di raccontare la natura, nelle forme pittoresche delle Quattro Stagioni vivaldiane in epoca barocca come nelle sublimazioni spirituali, in pieno Novecento, del ciclo pianistico di Olivier Messiaen dedicato al canto degli uccelli. In altri casi i suoni della natura sono diventati elementi costitutivi del discorso musicale, come accade con il richiamo del cuculo all’inizio della Prima Sinfonia di Gustav Mahler. Altro, però, è il percorso proposto nel concerto sperimentale ideato dalla violoncellista Silvia Chiesa e da Enrico Montrosset, l’Eco-concerto per paesaggio sonoro del Parco Nazionale del Gran Paradiso e violoncello solo, presentato in prima assoluta lo scorso agosto in Val d’Aosta al Festival del Castello di Introd e riproposto poco dopo all’Amiata Piano Festival, che abbiamo avuto modo di ascoltare al Museo del Tessile di Busto Arsizio il 5 marzo, nell’ambito del festival BAClassica. Il violoncello dialoga con i suoni del Parco del Gran Paradiso registrati e quindi mixati da Enrico Montrosset, in un ideale percorso dalla valle fino in vetta, dove musica d’arte (brani di Bach e Britten, ma anche di Hindemith, Prokofiev, Krenek e Kabalevsky) si alterna e si intreccia, a volte anche sovrapponendosi, ai suoni della montagna riprodotti in quadrifonia, con un potente effetto di spazializzazione. L’intento - qui risiede la novità dell’operazione - non è di riprodurre nella musica d’arte i suoni della montagna, come per esempio accade nella Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss, un frammento della quale viene fatto ascoltare, con un eccesso di didascalismo, all’inizio del concerto, quanto di creare delle corrispondenze e delle risonanze tra la musica d’arte e i suoni pre-musicali dell’ambiente montano. È un intento che a nostro avviso è stato raggiunto pienamente e che può regalare emozioni profonde all’ascoltatore libero da pregiudizi, disposto a mettersi in cammino insieme a una autentica esploratrice della musica come Silvia Chiesa e a un autentico esploratore della montagna come Enrico Montrosset.

I due a ben vedere non hanno composto nulla, eppure il paesaggio sonoro da loro costruito risulta completamente nuovo anche quando si ascoltano pagine logorate dalla popolarità, come il Preludio della Prima Suite di Johann Sebastian Bach, che Silvia Chiesa fa suonare rapidissimo e leggero, perché in questo caso la musica tende a prendere le forme i ritmi dei suoni della natura, si adegua a loro, viene ri-plasmata su di loro. Ascolto dopo ascolto, passo dopo passo, accade qualcosa di ancora più radicale, perché la musica d’arte viene in qualche modo assorbita nel grande universo sonoro della natura, in un processo inverso rispetto a quanto è accaduto per secoli, quando erano i compositori che cercavano di imitare la natura nella musica colta.

L’Eco-concerto inizia con il violoncello solo che esegue il secondo movimento dalla Sonata di Hindemith e il già citato Preludio bachiano, poi dalle casse disposte ai quattro angoli della sala incominciano ad arrivare i suoni della montagna, in sei momenti intervallati dalla ripetizione della cellula Re / Mi da parte della solista, una nenia che imita i passi regolari di un camminatore, ripetuta a una tessitura sempre più acuta, a suggerire la progressiva ascesa verso la vetta. Di momento in momento (Partenza, Villaggio e pascolo, Bosco, Cascata, Pietraia e infine Vetta) il violoncello e i suoni della natura si intrecciano in modo sempre più stretto, anche perché spesso il violoncello suona e a volte anche improvvisa sopra i suoni diffusi dalle casse, o meglio finisce per suonare “dentro” quei suoni, in una sorta di regressione al suono primitivo, non organizzato in forme musicali. Questa progressiva ascesa, questo progressivo assorbimento della musica nella natura coincide con una progressiva smaterializzazione dei suoni, evidente soprattutto nel caso degli ultimi tre brani (due movimenti della Serenata di Henze, con in mezzo la Sarabanda della Quinta Suite di Bach), eseguiti idealmente nella zona della vetta del Gran Paradiso, dove la natura si riduce al suono del vento: un’esperienza di ascolto immersiva, in cui le coordinate del recital tradizionale vengono ripensate a fondo.