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"Farulli 100" - Le due vite per la musica di Piero Farulli

Nel 2020 ricorrono i cento anni dalla nascita di Piero Farulli (1920-2012). Una vita interamente dedicata alla musica e alla formazione dei giovani musicisti la sua, prima come violista dello storico Quartetto Italiano e poi come fondatore della Scuola di Musica di Fiesole e instancabile docente e divulgatore. In occasione del centenario ci piace rendergli omaggio ripubblicando l’articolo di Gregorio Moppi uscito su Archi Magazine di Gennaio-Febbraio 2010, in occasione dei 90 anni del Maestro.

Questo gennaio, il giorno 13, Piero Farulli compie novant'anni. Malgrado la salute assai malferma, l'anziano leone non pare ancora domo. La figura è quella solita, un omone alto e robusto, occhio fiero e schiena dritta. Può davvero andare orgoglioso delle sue due vite per la musica. Due, sì, entrambe da Maestro – e mai come in questo caso la lettera maiuscola è meritata. La prima da concertista di viola in quartetto; l'altra da educatore, da padre e animatore di un'esperienza unica nel nostro Paese quale la Scuola di Fiesole. Un'esistenza a mezzo tra il crociato e il missionario. Un grande musicista che per trent'anni, come componente del Quartetto Italiano, ha portato il nome dell'Italia nel mondo a fianco di Paolo Borciani, Elisa Pegreffi, Franco Rossi. Un didatta generoso che ha insegnato al Conservatorio di Firenze, al Mozarteum di Salisburgo, alla Chigiana di Siena, alla Normale di Pisa (all'interno della quale ha istituito il coro amatoriale “Vincenzo Galilei” tuttora attivo), alla Scuola Superiore di musica “Regina Sofia” di Madrid. Un militante del Pci che pur essendosi ben guardato dal leggere Marx, ha tuttavia sempre creduto nel comunismo come difesa dei più deboli, riscatto sociale, aspirazione a un mondo più giusto. Un sognatore vigoroso, volitivo, dai modi spicci e per nulla accondiscendenti, un manicheo tacciato talvolta di autoritarismo che divide il mondo in buoni e cattivi, amici e nemici (suoi, ma più che altro della musica), senza alcuna sfumatura intermedia, e che in virtù del suo fervore assillante ha convertito alla causa della musica e di Fiesole colleghi, artisti, intellettuali, stampa, politici, organizzatori musicali, senza mai abbassare il capo di fronte a nessuno di loro. Anzi, più costoro lo hanno vezzeggiato, assecondandone le pressanti richieste di aiuto, collaborazione, finanziamenti necessari a tener in vita il suo figliolo fiesolano, più lui ha tuonato contro il provincialismo italiano, la sordità alla musica dei media e della gran parte dei partiti di destra e sinistra, contro la musica-evento delle prime della Scala, contro il festival di Sanremo e le canzonette propinate dal mercato a una gioventù musicalmente analfabeta cui non è data la facoltà di scegliere liberamente tra generi diversi. E pensare che lui, settimo figlio di una famiglia proletaria fiorentina (padre calzolaio, madre custode in una scuola) e fratello del pittore Fernando, avrebbe fatto l'ortolano se non fosse stato per la sua madrina che ne intuì le capacità musicali e ne sovvenzionò gli studi.

È stata questa la fortuna del giovane Farulli che, mentre lavorava come ragazzo di bottega per portare soldi a casa, si impegnava pure a studiare la musica. A quindici anni entra al Conservatorio dove però viene un po' trascurato dal suo maestro, Maglioni, che gli preferisce allievi più danarosi. Finché un giorno capita al “Cherubini” un insegnante di violoncello bolognese, Dante Serra: sotto la sua supervisione Farulli comincia a leggere un sacco di quartetti in gruppo con Franco Rossi e i violinisti Michelucci e Giangrandi. A vent'anni Farulli è assunto al Teatro Comunale. Presto però scoppia la guerra e viene spedito soldato a Palermo, dove trova il tempo di fare un'audizione al Teatro Massimo. Ovviamente lo prendono subito in orchestra; e inoltre si innamora, corrisposto, di una contessina del posto, mandandone su tutte le furie il padre che, per toglierselo di mezzo, lo fa trasferire a Caltagirone. Ed eccoci nell'estate 1943, quando Farulli, come punizione per aver disubbidito a un ordine, viene legato dai superiori a un palo in mezzo a un uliveto. Da quella singolare collocazione assiste allo sbarco degli anglo-americani in Sicilia: attorno a lui atterravano i paracadutisti e il cielo brillava a causa dei bombardamenti. Comincia poi l'odissea del ritorno. Giunto in Puglia su una nave alleata, un ufficiale inglese lo sente suonare e lo conduce a Bari, dove al Petruzzelli si era formata un'orchestra che suonava per i liberatori. Vi conosce sua moglie Ninetta, violinista.

Il Quartetto Italiano a Venezia (settembre 1958)

Il 1° gennaio 1947 è una data fondamentale nella biografia di Farulli, nonché nella storia dell'interpretazione: quel giorno fissa la sua prima prova il Quartetto Italiano nella formazione definitiva con Borciani e  Pegreffi violinisti, Rossi al violoncello – nei due anni precedenti il posto di viola era stato occupato da Lionello Forzanti. All'inizio la mole di lavoro appare  massacrante, anche perché nei primi dieci anni il Quartetto si pone l'obiettivo di suonare tutto a memoria: Farulli, per esempio, deve barcamenarsi ogni giorno tra le cinque ore di prove in orchestra e le quattro-cinque con il quartetto. Frequenti ma fruttuose le litigate fra i quattro durante la preparazione dei programmi che Borciani e Pegreffi approcciano con intelligenza musicale rigorosa, limpida, di stampo toscaniniano, mentre Farulli e Rossi tendono a restituire in maniera più istintiva, sanguigna. «Forse i conflitti servivano a esporre e far scoppiare temi e problemi che però poi, quando finalmente suonavamo in faccia al pubblico, venivano annientati, travolti da questa forza che faceva di noi una cosa unica», spiegava Farulli in una lontana intervista. Non c'è bisogno di rammentare qui la passione e i meriti storici del Quartetto nella diffusione del repertorio cameristico (non solo in una terra come l'Italia, fino ad allora indifferente a quel tipo di musica), né necessita soffermarsi sull'autentico apostolato da esso compiuto nei confronti della produzione novecentesca. I concerti del 1951 al Festival di Salisburgo e a New York segnano la definitiva consacrazione internazionale del complesso che (ingaggiato dalla casa discografica Philips per leggendarie integrali come quella dei quartetti di Mozart, Beethoven, Brahms, Webern; e la registrazione della Cavatina del Quartetto beethoveniano op. 130 sarà scelta dalla Nasa nel '77 per venir inviata nello spazio come testimonianza della civiltà umana) si scioglierà nel febbraio 1980 – ma Farulli, convalescente dopo un attacco di cuore, a partire dal 1978 è rimpiazzato da Dino Asciolla; il che provoca la rottura dell'amicizia con Rossi, principale fautore della sostituzione, fino alla stretta di mano del settembre 2004, alla Pergola di Firenze, con cui i due antichi compagni d'arte hanno sancito pubblicamente la loro rappacificazione.

Lezione a FIesole

Gli anni Settanta vedono Farulli volto anche a un'iniziativa destinata a cambiare il volto della formazione musicale in Italia. Concepisce difatti la scuola a Fiesole; prodotto, oltre che della sua caparbietà, di una favorevole congiuntura culturale, politica e sociale compiutasi nella metà degli anni Settanta quando ancora le ideologie (e le utopie) esistevano, sembravano avere un senso e in molti vi credevano. Le inchieste giornalistiche di quegli anni ci descrivono lo stagnamento delle didattica musicale, ancorata nei Conservatori a pratiche educative di stampo ottocentesco e, per contro, un'attività concertistica esuberante, i teatri esauriti, l'affluenza di giovani ovunque si facesse musica. Ma le cronache di allora registrano pure la voce di chi pronosticava che una tal smania di opere e concerti si sarebbe presto estinta se l'Italia non avesse posto le basi di una vera educazione alla musica per tutti attraverso la pratica attiva e diffusa di uno strumento o del canto, seguendo l'esempio delle nazioni musicalmente più coltivate. Una discussione seria sull'argomento, soprattutto sulla riforma dell'istruzione musicale, viene avviata fin dal 1962 a Fiesole, comune alle porte di Firenze governato da un'amministrazione illuminata, grazie alla costituzione del Comitato nazionale permanente “Musica e Cultura” intorno cui si coagulano le forze vive del mondo musicale italiano (tra cui Dallapiccola, Mila, Petrassi, insieme a Farulli). Poco alla volta le riflessioni teoriche – le critiche alla separazione tra musica e resto della cultura, all'immobilismo dei Conservatori troppo burocratizzati – si concretizzano in azione. Nello stesso anno, sotto la guida di Farulli, prende il via l'Estate Fiesolana che, assumendo i caratteri di un festival di musica da camera itinerante tra chiese, aie, case del popolo, si propone di sollecitare l'interesse di un pubblico fino a quel momento del tutto digiuno di musica anche per mezzo della deritualizzazione dell'evento concertistico e del dialogo diretto fra spettatori ed esecutori. Dal 1971, inoltre, Fiesole inserisce l'educazione musicale come materia obbligatoria in tutte le scuole elementari del territorio comunale, mentre alle medie si programmano frequenti lezioni-concerto. Se ne raccolgono i frutti nel giro di pochi anni, quando i bambini vengono coinvolti negli spettacoli dell'Estate Fiesolana, magari assieme a un coro di operai del Nuovo Pignone (come accade nel '78 per L'arca di Noè di Britten). Infine, marzo 1974, nella sede un po' scalcinata della banda del paese, Farulli inaugura il primo nucleo di quella che diverrà la Scuola di Fiesole. Con lui, per insegnare gratuitamente la musica a quaranta allievi di ogni età, cinque volontari senza stipendio (una è la moglie) e come segretaria generale Adriana Verchiani, a tutt'oggi sovrintendente della Scuola. Quattro anni dopo Farulli ottiene una sede prestigiosa fasciata dal verde e dalla quiete delle colline di San Domenico, a mezza strada tra Fiesole e Firenze: Villa La Torraccia, imponente dimora patrizia già di proprietà di Walter Savage Landor, poi passata ad accogliere gli orfani del fiorentino Spedale degli Innocenti. Da queste parti in epoca vittoriana si parlava solo inglese; ancora oggi, qui, i forestieri sono piuttosto numerosi, dato che a poche centinaia di metri dalla Torraccia si trova l'Università Europea.

Concerto a Fiesole con l'orchestra dei ragazzi

La nascita della Scuola di Fiesole porta ossigeno nel campo dell'istruzione. In ambito toscano, la sua vitalità e il prestigio internazionale presto raggiunto arrivano addirittura a offuscare il Conservatorio “Cherubini”. Nella gestione diretta della Torraccia, o in iniziative collaterali come la cura dell'Associazione Amici della Scuola, Farulli e Verchiani coinvolgono subito personalità di rilievo del mondo della cultura e della scienza come l'editore Mario Casalini, il fisico Giuliano Toraldo di Francia, il giurista Paolo Barile. Rispetto all'insegnamento musicale tradizionale praticato in Italia, l'esperienza fiesolana possiede un carattere sovversivo, incardinata com'è su una concezione umanistica della musica. Si fonda infatti sul convincimento che la conoscenza musicale rappresenta una componente essenziale della formazione culturale, civile, emotiva di ciascun essere umano. Ecco perché la possibilità di applicarsi alla musica non deve essere preclusa a nessuno; ne viene anzi privilegiata la pratica comunitaria, e dunque principalmente il canto corale, l'orchestra, il repertorio cameristico. Per dedicarvisi non esistono limiti d'età né di obiettivi, secondo Farulli. Perciò la Scuola, che si occupa sia alfabetizzazione di base che di training professionale, è aperta tanto al bambino di quattro anni quanto all'adulto, tanto al dilettante quanto al concertista in erba e agli orchestrali di domani attraverso i corsi dell'Orchestra Giovanile Italiana. Lungimirante, il fondatore ha pensato per tempo al futuro della propria creatura chiedendo nel 2005 ad Andrea Lucchesini di prenderne le redini artistiche. Dapprima è parsa una disposizione stravagante: il quartettista, da sempre avverso alla forma mentis e all'individualismo dei pianisti, decide di nominarne uno come suo successore. «Lucchesini è, prima che un pianista, un musicista», ha spiegato allora Farulli. «La sua presenza a Fiesole mi dà una grande serenità perché è un uomo concreto che ama davvero la didattica e i giovani». E il quinquennio trascorso ha dimostrato che scelta migliore non poteva farsi.

Gregorio Moppi