Addio Rocco Filippini, violoncellista dalla tecnica violinistica, 'padre' musicale di centinaia di musicisti

Image

È morto oggi a Lugano, stroncato dal Covid, il violoncellista di fama mondiale Rocco Filippini; aveva 77 anni. Messaggi di cordoglio sono stati espressi su internet da centinaia di musicisti, che hanno avuto il piacere di averlo come insegnante o collega, apprezzandone l'eleganza, la gentilezza e lo humor.

Nato a Lugano il 7 settembre 1943, compiuti gli studi sotto la guida di Pierre Fournier, Filippini s’impose nel 1964 al Concorso Internazionale di Ginevra, iniziando subito dopo una carriera solistica e cameristica che lo ha portato ad esibirsi in tutto il mondo. Nel 1968 aveva fondato il Trio di Milano e nel 1992 il Quartetto Accardo.  È stato docente di violoncello presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano; dal 2003, chiamato da Luciano Berio, ha insegnato Musica da Camera ai Corsi di Perfezionamento dell’Accademia di Santa Cecilia dove nel 2010 gli è stato conferito il titolo di Professore Emerito. Nel 1985 con Salvatore Accardo, Bruno Giuranna e Franco Petracchi fondò l'Accademia Walter Stauffer di Cremona dove in vent'anni d'insegnamento ha formato centinaia di violoncellisti.  

Franco Donatoni, Luciano Berio, Giovanni Sollima e Salvatore Sciarrino sono solo alcuni dei tanti compositori che gli hanno dedicato dei lavori. Filippini suonava lo Stradivari Baron Rothschild, ex Gore-Booth (1710).

Nel 2016 durante un'intervista per Archi Magazine parlando dei suoi insegnanti disse: ««André Navarra lo ricordo per la sua forza didattica; Cassadò era unico; Fournier esercitava un gran fascino su di me (durante le lezioni suonava davanti all’allievo e già da quello si poteva assorbire moltissimo); Tortelier, anch’egli mio maestro pur non avendo mai di fatto studiato con lui ma avendo seguito le sue lezioni, aveva una musicalità frutto di un’elaborazione serrata a volte maniacale. Eppure, confesso che gli insegnanti ai quali devo di più sono stati i violinisti, e su tutti Corrado Romano. Con lui ho affrontato praticamente tutto il repertorio: io abitavo a Ginevra dove ha insegnato per quarant’anni e nel suo salotto facevamo musica e lezione. La mia tecnica è, di fatto, violinistica, e ciò spiega la mia affinità più con i violinisti che con i violoncellisti. Ciò in cui mi ha aiutato di più è stato il perdere le “brutte tradizioni”: un violoncellista farà sempre quel respiro, quell’articolazione, quel legato, perché frutto di una scuola, mentre il violinista legge lo stesso repertorio con freschezza, favorendo così una lettura ricca di grandi suggestioni».

Altre News