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I "Capricci" di Ning Feng a Trieste: un autentico vortice di acrobazie e sorprese musicali

di Stefano Crise

Il termine Capriccio, per un certo periodo, ha indicato un brano contrappuntistico, equivalente grosso modo alla Fantasia o al Ricercare; col Settecento, invece, si afferma come sinonimo di Studio o Esercizio. Paganini comporrà i 24 Capricci con l’intento proprio di creare una summa del violinismo trascendentale, trasformando il singolo Capriccio in brano concertistico. Dedica questa sua op.1 “alli (sic) artisti” ad indicare un ambito che non ha più nulla a che fare con il mondo del dilettantismo esecutivo per il quale sempre più numerose saranno molte delle nuove produzioni musicali. Questi Capricci rappresentano quindi l’inizio di quel virtuosismo che sarà la cifra stilistica di un modo di intendere la musica nel periodo romantico, anticipando inoltre, col mito dell'interprete fuori dall'ordinario, la nascita dell’homo novus negli anni del trionfo della borghesia. L'esecutore che riesce a sorpassare queste ‘insuperabili’ difficoltà tecniche dimostra di essere degno del titolo di virtuoso, di colui che può tutto, che sorpassa l’impossibile attraverso il proprio talento e a cui tutto si perdona grazie alla sua straordinaria unicità. È lo stesso successo che arriderà nel futuro a chi emergerà col proprio lavoro e le proprie capacità, vere o presunte, nel mondo della borghesia.

I Capricci di Paganini si possono perciò considerare il monumento che trascende i limiti oggettivi dello strumento ma, in certi casi, anche quelli dell’esecutore. Innumerevoli sono le edizioni discografiche e in CD che però hanno un ambito diverso dal concerto perché prodotte in studio, senza un uditorio e con diverse sedute di registrazione. Dal vivo è tutta un’altra storia. Ha il suo peso, per esempio, anche la fatica fisica dell’interprete che affronta questo genere di musica per oltre 70 minuti; perciò chi esegue in concerto simile scoglio della tecnica violinistica o è un incosciente o è un grande artista.

Ning Feng è un musicista molto maturo dalla tecnica sopraffina con una già solida carriera concertistica, vincitore di numerosi e prestigiosi concorsi tra cui il Premio Paganini nel 2006.

Il violinista si è esibito al Teatro Miela di Trieste per la stagione Cromatismi 2.0 della Chamber Music con i 24 Capricci op.1 di Paganini, suscitando un’impressione molto positiva. Fino al Capriccio n.3 è apparso orientarsi verso una lettura guardinga che ha privilegiato le gradevoli sonorità frutto anche di una smussatura delle vette dinamiche che ha generato una funzionale uniformità sonora. Nel Capriccio n.1, ad esempio, i rapidi arpeggi di quartine in biscrome sono stati prodotti addolcendo il più possibile la meccanicità insita nell’esercizio.

Dal quarto Capriccio, dal carattere meno esuberante anche se di innegabile complessità, Ning Feng ha messo da parte ogni cautela gettandosi nelle fantasmagorie paganiniane. Il violinista possiede una tecnica che gli permette di sorpassare con naturalezza ogni difficoltà; si sono apprezzate, tra l’altro, le scale e gli arpeggi fino agli estremi sovracuti del Capriccio n.5, le sestine di crome in ‘martellato’, le ottave spezzate, gli accordi a tre e quattro voci e anche i trilli nel Capriccio n.10.

Non c’è stata in nessun caso un’ostentazione virtuosistica fine a se stessa perché l’esecuzione è sempre stata riportata su un binario di godibilità per l’ascoltatore. La sua tecnica prodigiosa ha fatto sembrare agevoli le spaventose difficoltà delle strutture sulle quali la musica si è adagiata con semplicità. In alcuni casi, Capricci n.9 e n.13, il violinista cinese ha lasciato trapelare una certa ironia enfatizzando con buon gusto alcune frasi. Il pericolo dell’uniformità che simili costruzioni possono dare all’ascolto è stato evitato caratterizzando ogni singolo Capriccio con malinconia, furore, dolcezza, strepito, evanescenza, forza. Ciò ha prodotto una sorta di aspettativa dopo ogni brano, stimolando la curiosità nello scoprire nuove sfumature in questi gioielli della tecnica. Anche grazie al suo meraviglioso Stradivari “Vieuxtemps Hauser” (1710) Ning Feng ha regalato un autentico vortice di acrobazie e sorprese musicali di alto livello.

 

Fotografia: Giorgio Selvaggio