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Il magnifico debutto romano del Trio Nebelmeer

di Mauro Mariani

La Rassegna Giovani Concertisti della Fondazione Sincronìa ha ospitato a Roma un concerto del Trio francese Nebelmeer, vincitore lo scorso anno del prestigioso Concorso Internazionale “Premio Trio di Trieste”. Il nome di questo trio rivela una particolare propensione al mondo romantico e richiede forse una spiegazione: Nebelmeer ("Mare di nebbia") è infatti un omaggio a Caspar David Friedrich e in particolare a un suo quadro considerato un’icona del romanticismo tedesco, Der Wanderer über dem Nebelmeer ("Viandante sul mare di nebbia"), di cui hanno preso solo l’ultima parola sia per ovvie ragioni di brevità sia perché già esiste un Trio Wanderer, con cui oltretutto questi tre giovani francesi hanno studiato.

Questo loro concerto s’inseriva in una tournée che ha toccato numerose città italiane, ma il programma eseguito a Roma era diverso da tutti gli altri. Iniziava infatti con il Trio di Rebecca Clarke, nata nel 1886 a Harrow nei pressi di Londra e deceduta nel 1979 a New York. A lungo è rimasta quasi totalmente ignorata, finché non è stata riscoperta nell’ambito del movimento di rivalutazione del ruolo delle donne nel mondo della composizione. La sua biografia ci racconta delle molte difficoltà che incontrò e che alla lunga le resero impossibile conciliare la sua vita privata con l’attività di compositrice: «Non posso farlo - scrisse - se non è la prima cosa a cui io possa pensare quando mi alzo la mattina e l'ultima a cui pensare ogni sera prima di andare a dormire». Questo la spinse a smettere di comporre verso la metà degli anni Quaranta, nonostante gli incoraggiamenti del marito, anch’egli compositore. Composto nel 1921, il suo Trio è estraneo al neoclassicismo stravinskiano e tanto più alla serialità schoenberghiana e riversa un contenuto tardoromantico in una forma classica ripresa piuttosto liberamente ma comunque ben bilanciata, che alterna sezioni appassionate e vigorose ad altre intime e raccolte, spesso messe a diretto contatto con bruschi cambi d’atmosfera. E la Clarke dimostra una tecnica raffinata e una grande sicurezza nell’ottenere il risultato voluto.

Il concerto proseguiva e si concludeva con il Trio n. 1 in Re minore op. 49 di Mendelssohn, un capolavoro della musica da camera del periodo romantico, composto nel 1839 ed eseguito per la prima volta quello stesso anno in una riunione privata in casa di Schumann, che lo paragonò ai Trii di Beethoven e Schubert e affermò che Mendelssohn era il musicista «che ha individuato più chiaramente le contraddizioni dell’epoca e il primo che le ha riconciliate tra loro». In effetti non mancano momenti romanticamente agitati e appassionati, ma tenuti nell’alveo di un saldo equilibrio formale, alternati ad altri più tranquilli, come il secondo movimento, o leggeri e vivaci come lo Scherzo.

Il Trio Nebelmeer ha dimostrato di essere giunto nei suoi pochi anni di vita ad un livello tecnico e interpretativo tale da non sfigurare al confronto con i più noti e maturi trii di questo momento. Il suono è bello e ben timbrato, tendenzialmente robusto ma anche capace di momenti di calda intimità o di brillante leggerezza. La coesione e l’à plomb tra i tre strumenti sono ottimi. La carica emotiva che mettono nelle esecuzioni è trascinante. Dunque il risultato non poteva che essere ottimo e infatti il loro concerto è stato una vera festa per l’orecchio e per il cuore (scusate il termine ormai desueto).

L’unico neo era l’acustica molto risonante della Sala Baldini, che amplificava e impastava il loro suono già di per sé molto potente, col risultato di livellare le sfumature dinamiche in un quasi perpetuo forte e fortissimo. Ma il pubblico, purtroppo non così numeroso come questo concerto avrebbe meritato, ha superato questo problema e ha colto i reali meriti del Trio Nebelmeer, applaudendolo con l’entusiasmo che meritavano e ottenendo come bis l’Elegia op. 23 di Josek Suk.

Arthur Decaris (violino), Florian Pons (violoncello) e Loann Fourmental (pianoforte)

Fotografie di Ilaria Giorgi

Roma, 6 aprile 2025
Sala Baldini