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L'amore per Mozart di Davide Alogna e Fiorenzo Pascalucci

di Luca Segalla

Per il suo debutto discografico con l’etichetta Warner il violinista comasco Davide Alogna ha scelto Mozart, affrontando con strumenti moderni insieme al pianista Fiorenzo Pascalucci le Sonate in Mi minore K 304, in Do maggiore K 296, in Fa maggiore K 376 e in Sol maggiore K 379. È una scelta molto popolare ed anche coraggiosa, perché suonare Mozart significa confrontarsi con tutti o quasi i grandi violinisti della storia dell’interpretazione. Alogna, però, è un interprete alla continua ricerca di un dialogo con il pubblico, come testimoniano anche i suoi spettacoli con gli attori Paolo Sassanelli e Violante Placido e quando si cerca la sintonia con il pubblico, anche un pubblico nuovo, Mozart è un compositore ideale. Abbiamo chiesto ai due interpreti di parlarci di questo nuovo CD, della loro collaborazione e dei progetti futuri.

M° Alogna, come è maturata la decisione di registrare il CD?

«Alla base c’è il mio amore enorme per Mozart, l’unico compositore che sono riuscito e riesco ad ascoltare in qualunque periodo della mia vita e in qualunque momento del giorno. In secondo luogo ascoltando sia le incisioni storiche sia quelle più recenti non riuscivo a trovarne una che davvero mi soddisfacesse, perché mi trovavo di fronte a interpretazioni del tutto incuranti dello stile del periodo e inclini a romanticismi eccessivi oppure a versioni rigorosamente filologiche ma a volte controproducenti a livello violinistico: il CD è nato dalla necessità di conciliare i due estremi, seguendo una "terza via" nell’interpretare Mozart. Abbiamo cercato di mantenere un approccio filologico senza essere troppo "estremisti" e con un certo slancio emotivo, utilizzando un pianoforte moderno e un violino del ‘700 con corde di budello rivestite ed arco dell’epoca delle Sonate (un modello Dodd): questo perché il pianoforte potesse esprimersi al meglio delle sue possibilità e il violino potesse fare tutte quelle nuance e quei colpi d’arco che sono più semplici con quel tipo di assetto».

Ci parla della sua collaborazione con Pascalucci?

«È nata spontaneamente, in virtù dell’amore per la musica da camera e in particolare proprio per Mozart. Abbiamo anche registrato un altro CD con musiche di Castelnuovo-Tedesco: Pascalucci è un pianista di primo livello e un musicista colto e raffinato».

A quali tra le sue registrazioni discografiche si sente più legato?

«In primo luogo a questa con la Warner, per ciò che rappresenta. Poi sono molto orgoglioso del lavoro di riscoperta svolto sul ‘900 italiano con il mio CD uscito per Naxos l’anno scorso, dedicato a diversi inediti di Castelnuovo-Tedesco che mi sono stati affidati dalla nipote Diana e dalle Edizioni Curci: è musica piena di suggestioni come il Terzo Concerto per violino e pianoforte (commissionato da Heifetz), la monumentale Sonata per violino e violoncello o il delizioso Trio per archi».

Quali sono gli insegnanti che hanno contato di più nella sua formazione?

«Ogni persona che si incontra nella vita lascia in noi sempre un segno indelebile. Se dovessi citare i più determinanti direi Livia Baldi, che ha avuto il merito di farmi amare il violino, Felice Cusano perché credo sia il più grande didatta al mondo - devo a lui devo il mio suono e l’approccio allo strumento - ed infine Maryvonne Le Dizes al Conservatorio di Parigi, che mi ha insegnato come stare sul palco senza paranoie e stress (lei è stata la prima donna nella storia a vincere il Premio Paganini)».

Cosa può dirci del suo strumento, il violino Carlo Antonio Testore - ex Wilhelmji del 1715?

«Amore a prima vista! Sono convinto che ogni strumento conservi la memoria di chi l’ha suonato e nel corso della sua vita questo violino è stato tra le mani di grandi violinisti. Un suono caldo e dolcissimo tipico del Settecento italiano, grande proiezione nelle più grandi sale da concerto. Ed una prima corda "da Stradivari"!».

Progetti per il futuro immediato?

«Ho appena inciso a New York con la Chamber Orchestra of New York il Concerto all’antica P75 di Respighi, un compositore per il quale nutro una grande passione: ho suonato i suoi Concerti per violino con più di 50 orchestre in tutto il mondo.

In estate sarò in tournée in giro per l'Italia con Violante Placido e il pianista Giuseppe Greco con lo spettacolo Per Elisa, creato per raccontare con musica e parole il rapporto di Beethoven con l’amore e le donne: imperdibile».

E progetti a lungo termine?

«Il mondo della musica classica, almeno in Italia, è ancora destinato ad un’élite. Ai concerti, in teatro, nelle accademie di alto perfezionamento non vediamo un pubblico e degli allievi qualsiasi, ma un pubblico e degli studenti selezionati, figli di famiglie borghesi appassionate di musica colta. Uno dei miei impegni è di portare a tutti il violino e il suo meraviglioso repertorio. Credo che non basterà una vita per realizzare questo sogno, posso però garantire che ce la metterò tutta. Per questo ho accettato con grande entusiasmo di far parte del cast dello spettacolo La leggenda Paganini, accanto all’attore Paolo Sassanelli e al chitarrista Giulio Tampalini. Abbiamo girato i teatri italiani raccontando a un pubblico di non musicisti chi era davvero il leggendario Paganini. Abbiamo fatto tanti sold out e gli spettatori sono sempre andati via felici.

Per lo stesso motivo ho inciso per Brilliant Classics un CD con le grandi Romanze romantiche per violino e orchestra, in uscita il prossimo 1 agosto. Sono capolavori che arrivano al cuore di tutti e che vanno suonati con slancio e passione. L’estate scorsa ero in viaggio nei grandi parchi dell'Arizona e dello Utah per realizzare il video che avrebbe lanciato il CD. Mentre suonavo la Romanza in Fa maggiore di Bruch con alle spalle la Monument Valley i turisti si fermavano, volevano sapere che cosa fosse quella musica celestiale che non avevano mai sentito. È stata un’emozione incredibile suonare in luoghi così belli, riuscendo a farsi ascoltare da tutti: Musica e Natura, un miracolo di bellezza».

M° Pascalucci, come è nata la scelta di registrare questo CD mozartiano con Davide Alogna?
«Collaborando in altri progetti e suonando insieme ci siamo presto accorti che Mozart occupava un posto centrale e speciale nell’universo musicale di entrambi e così è nato il desiderio di affrontare il suo repertorio per pianoforte e violino».

Quali problemi di equilibrio timbrico tra i due strumenti pongono le Sonate per violino e pianoforte mozartiane, se eseguite con strumenti moderni?

«Parlo per me: il pianoforte ha indubbiamente guadagnato tanto dalla sua evoluzione, ma qualcosina è stato sacrificato in nome del volume e della potenza sonora. Il pianoforte di Mozart aveva un’eccezionale chiarezza, sorprendente soprattutto nei registri medio e grave, e una suggestiva pluralità di timbri a seconda dei registri. È su queste due caratteristiche che ho particolarmente lavorato, sotto il profilo strumentale».

Nel 2014 ha vinto il Concorso Rina Sala Gallo: quanto ha contato per sua carriera?

«Molto. La vittoria ad un Concorso internazionale, membro della Federazione Internazionale dei Concorsi Internazionali di Musica di Ginevra, conferisce uno status prestigioso a un artista. Oltre a questo, il Rina Sala Gallo mi ha portato a scritture importanti».

Lei si è perfezionato con Aldo Ciccolini: qual è il suo ricordo del Maestro?

«Parlare della sua statura di artista, tanto essa è enorme, è assolutamente superfluo. Il suo insegnamento non era necessariamente canonico, non era necessariamente la lezione al pianoforte: si imparava dai suoi discorsi, dalle sue suggestioni, dai suoi ricordi, dalla sua esperienza. Era un uomo assolutamente ispirante. E una persona di una generosità assoluta».

Quali sono i suoi progetti per il futuro, sia in ambito cameristico sia in ambito solistico?

«Ce ne sono tanti, in entrambi gli ambiti. Spero di darvi quanto prima novità concrete».